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19/05/2019 DOMENICA Il Sole 24 Ore Il Sole 24 Ore domenica 19 MAGGIO 2019 Linguistica: «Elegia giudeo-italiana» Quando italiano ed ebraico si parlavano La grande distanza che esiste tra il latino (con le lingue che ne derivano) e l’ebraico potrebbe far pensare che i contatti tra questi due universi linguistici siano stati solo puntuali – cioè limitati a prestiti occasionali, a passaggi di singole parole –, oppure mediati da sistematiche traduzioni di testi dall’una all’altra lingua, a partire ovviamente dalle versioni dell’Antico Testamento (spesso, come è noto, mediate dal greco). E ciò è in larga misura vero. Ma esiste una fascia di confine, esile e poco nota almeno in Italia, in cui il contatto tra lingue europee ed ebraico in epoca medievale si produce in altri modi e con particolare intensità. Il fenomeno più noto riguarda la diaspora linguistica e culturale che dette origine al cosiddetto giudeo-spagnolo, cioè all’insieme di varietà parlate e scritte fin dal medioevo dagli ebrei della Penisola iberica successivamente emigrati nell’Europa centrale e orientale e nell’Impero ottomano soprattutto dopo la violenta cacciata dei Sefarditi da Castiglia, Aragona, e poi da Portogallo e Navarra alla fine del Quattrocento. Non solo: anche fuori dalla Spagna e dall’ambito giudeo-spagnolo, già a partire dal dodicesimo-tredicesimo secolo s’incontrano vari testi scritti in lingue romanze ma impiegando l’alfabeto ebraico, e dunque traslitterando i suoni delle lingue neolatine e adattandoli al sistema grafico elaborato per la lingua semitica. L’insieme delle testimonianze così concepite – talmente abbondanti di là delle Alpi da costituire una delle fonti più ricche e peculiari per lo studio del francese antico – comprende in Italia una famosa Elegia il cui testo è conservato da tre manoscritti (uno ferrarese ora volato in America, uno parmense e uno, più recente, rinvenuto pure a Ferrara negli anni Venti del secolo scorso, ma attualmente disperso). L’elegia giudeoitaliana è un testo poetico in forma di preghiera, in cui un anonimo autore probabilmente contemporaneo di Dante commemora e lamenta alcuni drammatici episodi della dispersione e delle persecuzioni della iente de Zion, cioè del popolo ebraico. Concepita probabilmente nell’Italia centrale (anzi, dialettologicamente parlando nell’Italia mediana, in un'area compresa tra Marche e Abruzzo) e qua e là in apparenza chiazzata da elementi linguistici anche più meridionali, l’elegia rappresenta un rompicapo filologico e linguistico perché convoca una complessa trama di competenze. A riabbordarla proponendone una nuova edizione critica e commentata è ora Sara Natale, filologa romanza non nuova allo studio della tradizione giudeo-italiana. https://www.quotidiano.ilsole24ore.com/sfoglio/aviator.php?newspaper=S24&issue=20190519&edition=SOLE&startpage=1&displaypages=1 1/2 19/05/2019 Il Sole 24 Ore Il testo si impernia sulla narrazione di vicende fosche, riferite con toni che – è la convincente ipotesi della curatrice – paiono influenzati dalla tradizione della letteratura religiosa (cristiana) dell’Italia due-trecentesca. Riprendendo i moduli espressivi di certe lamentazioni laudistiche coeve, la voce narrante rievoca episodi come quello della coppia di fratello e sorella ebrei ridotti in schiavitù e separati fino al giorno in cui i rispettivi padroni li vorrebbero far accoppiare ignorandone la parentela e puntando a lucrare anche sulla loro prole. Il riconoscimento reciproco e la morte (“di crepacuore”, si sarebbe detto in altri tempi) sciolgono tragicamente la vicenda: «e l’uno e l’altro se abbrazzaro / e con grandi planto lamentaro / fin che moriro e pasmaro» (“finché morirono e persero i sensi”). Lo scopo dell’elegia, del resto, è puntualmente devozionale: il testo si apre e si chiude con movenze di preghiera, implorando il Signore perché faccia cessare le sventure che si abbattono sul suo popolo. Il testo è in effetti tramandato da codici manoscritti collegabili alla celebrazione di riti religiosi e va dunque inteso come una sorta di preghiera para-liturgica ben ambientabile nelle fiorenti comunità israelitiche diffuse nell’Italia centro-meridionale durante il basso Medioevo: una presenza di notevole valore culturale per la storia religiosa italiana, ma anche – come questi testi dimostrano – per la storia linguistica europea. È grazie a simili relitti letterari che tradizione ebraica e tradizione romanza si rivelano meno storicamente lontane e reciprocamente isolate di quanto forse si potrebbe supporre. @lorenzotomasin © RIPRODUZIONE RISERVATA L’elegia giudeo-italiana. Edizione critica e commentata A cura di Sara Natale Pacini, Pisa, pagg. 224, € 15 Lorenzo Tomasin https://www.quotidiano.ilsole24ore.com/sfoglio/aviator.php?newspaper=S24&issue=20190519&edition=SOLE&startpage=1&displaypages=1 2/2